La società secondo Aristotele
La socialità si identifica con la spinta associativa che induce l'uomo a unirsi con i suoi simili.
Aristotele definisce l'uomo "animale sociale", ossia incapace di realizzare il bene e di conseguire la felicità al di fuori della comunità e dell'unione con altri individui. Per lui la società si forma grazie al progressivo ampliamento dell'istinto associativo, che spinge uomo e donna a mettersi assieme per formare una famiglia, per poi in più famiglie costruire un villaggio e infine più villaggi per costruire una polis.
La società secondo Hobbes
In epoca moderna la questione della socialità dell'essere umano riemerge nella riflessione di Thomas Hobbes , il filosofo inglese che nelle sue opere teorizza la concezione assolutistica dello Stato.
Discostandosi dall'interpretazione aristotelica, Hobbes considera l'uomo un essere fondamentalmente "asociale", che ricerca l'associazione con altri individui solo perché spinto da motivazioni utilitaristiche, cioè per trame vantaggi e benefici personali.
Anche per Hobbes la nascita della società è necessaria, perché si identifica con il superamento del cosiddetto "stato di natura", ossia quella situazione di rischio e di incertezza che caratterizza la condizione umana quando l'individuo è abbandonato ai suoi istinti primitivi, al di fuori di ogni inquadramento istituzionale.
Secondo Hobbes, infatti, nello stato di natura non esistono né norme, né valori, né criteri ceni di condotta: la lotta per la sopravvivenza è l'unico movente che guida le azioni degli individui, minacciando in questo modo l'esistenza di ognuno. In tale situazione gli uomini non potrebbero resistere a lungo, o sarebbero comunque condannati a vivere nel continuo terrore della morte. Ecco allora che si rende necessario l'approdo a una nuova condizione - quella sociale -, in cui la sottomissione cosciente di tutti alle norme garantisce a ciascuno la possibilità di condurre un'esistenza tranquilla e sicura.
Sociale o asociale ?
Sia Aristotele sia Hobbes riconoscono nella società la destinazione irrinunciabile dell'esperienza umana: o per istinto naturale, o per drammatica necessità, l'uomo non può vivere al di fuori di essa.
Nei due autori non troviamo una "sociologia", cioè un discorso sulla società, ma piuttosto un'antropologia, ovvero un discorso sull'uomo, che precede quello sulla società e lo rende possibile
Entrambi convergono nell'assegnare all'uomo una "natura", cioè un insieme di qualità e inclinazioni preesistenti a ogni influsso o inquadramento sociale , anche se poi divergono nel momento in cui passano a iden-tificare le caratteristiche di una tale "natura":
- Aristotele sostiene che l'uomo è "per natura" un animale sociale
- Hobbes afferma che l'uomo è'naturalmente" egoista, portato a cercare di ottenere dai propri simili solo vantaggi e benefici personali.
Nessun commento:
Posta un commento