domenica 12 gennaio 2020

DALLA CULTURA ORALE AI MEDIA


Dalla cultura orale ai media 

Il pensiero umano è inseparabile dalla sua espressione linguistica. Senza la parola, senza gli strumenti, che a cominciare dalla scrittura, hanno reso possibile la comunicazione di esperienze e la condivisione di visioni del mondo. Senza la parola, la nostra socialità umana sarebbe ferma a un livello primitivo. Privi della possibilità di registrare, archiviare e conservare la memoria di eventi sociali e culturali, gli uomini non sarebbero stati in grado di elaborare le nozioni esplicative della propria storia, come quelle di cultura, società, mutamento, sviluppo, progresso, libertà, giustizia...


Potere e limiti della parola

Le culture che non conoscono la scrittura sono definite dagli studiosi culture a oralità primaria. Per noi alfabetizzati è piuttosto difficile cogliere le caratteristiche e i modi di vita tipici di queste culture, per le quali la memoria, l'unico strumento per conservare e trasmettere il sapere, gioca ovviamente un ruolo centrale: si sa e si insegna ciò che si ricorda. Per facilitare la memorizzazione, il pensiero viene espresso mediante:

  • formule standard, 
  • frasi fatte,
  • proverbi,
  •  massime.

Nelle culture a oralità primaria la comunicazione interpersonale avviene essenzialmente faccia a faccia, e ciò in fluisce sul valore sociale delle relazioni interpersonali dirette, in quanto si dà molta importanza allo scambio immediato, alla negoziazione e alla relazione in sé e per sé.  Inoltre il  significato delle parole non è rigidamente fissato perché può cambiare a seconda delle situazioni: l'esposizione fluisce più liberamente e, talvolta, la tacita intesa tra i due interlocutori è più importante di quanto viene detto in maniera esplicita.
 Alcune le culture orali attribuiscono alla parola un potere magico e curativo ad esempio nelle religioni tradizionali dell'India esistono ancora oggi delle formule sacre, i mantra.
La comunicazione orale, però ha dei limiti:

  • non è persistente;
  • non supera una cena distanza spaziale;
  •  coinvolge un numero modesto di persone.
Pertanto, se vogliamo che i nostri messaggi durino nel tempo, raggiungano persone lontane e abbiano grande diffusione dobbiamo ricorrere a strumenti capaci di potenziare la comunicazione orale. Questi strumenti sono le tecnologie della comunicazione, dette media.


L'invenzione della scrittura e la cultura chirografica
Risultati immagini per alfabeto fenicio

Il primo modello di scrittura fu inventato nel 3500 a.C. dai Sumeri, chiamato "cuneiforme", perché formato da caratteri a forma di cuneo incisi su tavole di argilla.
Le varie fasi di sviluppo della scrittura presso i sumeri sono:
  • dai pittogrammi
  • agli ideogrammi
  • fino ai fonogrammi

Il passo avanti decisivo fu compiuto dai Fenici con l'invenzione del primo alfabeto fonetico verso la metà del II millennio a.C. Esso era composto da 22 segni consonantici a cui il lettore doveva aggiungere le vocali. Questo può essere considerato l'antenato dell'alfabeto greco, comprendente 25 segni, distinti tra vocali e consonanti.

Con l'invenzione della scrittura ebbe inizio la cultura chirografica o manoscritta, che si impose sulla cultura orale. Ci furono conseguenze enormi. Si iniziarono a profilare civiltà che potevano fare a meno della memoria, perché depositavano il loro sapere nei libri, e di conseguenza potevano liberare le energie precedentemente usate nell'apprendimento mnemonico per altri e più creativi compiti.
Nelle culture orali la capacità sensoriale più importante era l'udito, mentre nella scrittura era la vista.
L'ordine lineare dei segni alfabetici, sottoposto a precise regole, contribuisce all'imporsi di uno stile di pensiero più analitico e astratto.
La scrittura è il primo medium di cui abbiamo conoscenza: con la cultura chirografica nasce la cosiddetta "comunicazione mediata".


L'invenzione della stampa e la cultura tipografica

Verso la metà del secolo XV comparve in Europa la stampa a caratteri mobili, inventata da un orefice di Magonza: Johann Gutenberg . Si trattò di una delle più importanti invenzioni della storia, che ebbe conseguenze sociali e culturali rilevantissime. 
Si calcola che soltanto nel periodo degli incunaboli, ovvero tra il 1450 e il 1500 circa, quando i libri erano ancora nella loro 'prima infanzia", siano stati stampati più libri di
quanti ne avessero copiati tutti gli amanuensi. Da privilegio riservato a pochi il libro divenne così un oggetto molto diffuso, capace di entrare anche nelle case delle famiglie di media condizione sociale.
La Riforma protestante ebbe un ruolo di primo piano nella diffusione delle opere a stampa: uno dei principi della Riforma fu infatti la lettura diretta delle Sacre scritture da parte di tutti i cristiani.
A tale scopo Intero, Melantone e Calvino promossero l'alfabetizzazione del popolo con la
creazione di scuole aperte a tutti. 

Prima della stampa, i libri erano copiati a mano dai cosiddetti "amanuensi": il testo era quindi soggetto a modifiche e interpolazioni dovute alla mano del copista e, tra un manoscritto e l'altro, potevano esistere notevoli differenze. Nei libri manoscritti erano presenti numerose abbreviazioni, mentre era completamente assente la punteggiatura, il che rendeva la lettura assai faticosa. La pagina stampata si presentava chiara e ben leggibile grazie ai caratteri regolari, alla punteggiatura e ai margini; il testo era riportato nella versione definitiva, approvata dall'autore o dal curatore, e poteva essere riprodotto in un numero illimitato di copie.
Copiare gli scritti di altri autori diventò qualcosa di disdicevole, fino ad assumere i contorni del reato quando furono promulgate le prime leggi di tutela dei cosiddetti diritti d'autore.
Sul piano lessicale e grammaticale le opere a stampa contribuirono a creare una lingua standard, con regole ortografiche codificate. Le lingue più favorite furono quelle nazionali degli Stati economicamente e politicamente più potenti, dove le stamperie fiorivano numerose, mentre i dialetti e le lingue locali, parlati da un numero  limitato di persone, si trovarono ad affrontare il rischio dell'estinzione.








LA DIMENSIONE CULTURALE DELLA MALATTIA



Etnopsichiatria e disturbi etnici

 Il presupposto dell'approccio etnologico alle forme del sapere scientifico è che le elaborazioni cognitive sono culturalmente situate: ne segue che le visioni del mondo, le interpretazioni dei fenomeni naturali e i modi di curare le malattie possono variare in relazione agli ambienti sociali in cui sono stati prodotti.
Nel campo della cura delle malattie, le società tribali o tradizionali studiate dagli antropologi si accostano alla diagnosi e alla terapia dei disturbi del corpo e della mente secondo modalità differenti da quelle in uso nella medicina occidentale, che nella maggior pane dei casi si fonda su di una visione organicistica, per cui sintomi e malesseri hanno quasi sempre una causa biologica, insita nel corpo: un trauma, un'infezione batterica o virale, un'infiammazione.

Particolarmente interessante è lo studio etnologico delle malattie mentali condotto dall'etnopsichiatria, o psichiatria transculturale, un'area disciplinare che coinvolge antropologi, epidemiologi e psicologi clinici e studia i disturbi psicologici nelle diverse culture. Essa non si limita a descrivere la distribuzione geografica delle malattie, ma analizza anche il ruolo del contesto culturale nella manifestazione dei sintomi, cercando di capire in che modo il disturbo è interpretato nelle società in cui si presenta e domandandosi se i metodi di cura praticati in determinate culture sono efficaci ed esportabili presso popolazioni differenti.

Durante il periodo coloniale, era abbastanza diffusa la convinzione che i popoli tribali non fossero affetti da disturbi mentali, in quanto immuni dagli stress della vita moderna.
Era un'opinione discutibile, fondata su Informazioni indirette, testimonianze di viaggiatori o osservazioni condotte negli ospedali coloniali, in genere poco frequentati dai nativi.
Ma ricerche sul campo condotte in seguito hanno modificato il quadro


  •  hanno dimostrato l'universalità di disturbi come la sindrome schizofrenica o gli stati depressivi, 
  • dall'altro hanno migliorato la conoscenza dei cosiddetti disturbi etnici, patologie del comportamento che compaiono presso un popolo e non trovano riscontro presso culture differenti.

Alcuni di questi disturbi, come l'amai:, il latah, il windibo e la sindrome di Cane Pazzo sono oggi ben conosciuti grazie a numerosi studi.

  •  L'amok é una sindrome tipica dei Malesi, che ha inizio quando un uomo si ritiene gravemente offeso e prosegue con un suo periodo di isolamento, al termine del quale l'individuo coinvoltorientra al villaggio furibondo e si mette a correre all'impazzata, colpendo con cieca violenza chiunque gli  capiti vicino.
  •  il latah, un disturbo caratterizzato dalla ripetizione automatica di parole, discorsi e azioni fatti da altri, talora con accompagnamento di parole oscene.
  • Il windibo, diffuso tra gli Indiani della foresta subartica canadese, è il timore panico di trasformarsi in un windibo, gigantesco spirito cannibale fatto di ghiaccio.


Georges Devercux, tra i fondatori dell'etnopsichiatria, ha descritto la sindrome di Cane Pazzo, osservata presso gli Indiani nord- americani Crow,.
Cane Pazzo è un giovane guerriero che si comporta in modo bizzarro e provocatorio, causando disturbo e tensioni nella vita sociale, ma è eroico in battaglia e si espone senza paura ai nemici.
Di solito, prima di diventare Cane Pazzo, l'individuo in questione ha subito una
frustrazione.

Le ricerche di etnopsichiatria spesso hanno dimostrato l'impossibilità di ricondurre disturbi etnici alle categorie mediche occidentali, mentre più volte è emerso un significato culturale specifico di tali disturbi: possono infatti avere una funzione importante nel contesto culturale in cui si manifestano. Secondo studi empirici svolti nel Sud-est asiatico, i sofferenti di latah sono individui particolarmente impressionabili e soggetti a reazioni incontrollate a stimoli improvvisi e inaspettati. Il windibo può essere interpretato come la forma tradizionale in cui si esprime una paura collettiva, quella di essere mangiati.
Anche la sindrome di Carne Pazzo, nell'interpretazione di Georges Devereux è un modo socialmente accettato di reintegrazione nel gruppo di un giovane guerriero che ha perso l'onore e provocato conflitti e squilibri all'interno della sua comunità.

















IL RACCONTO MITICO


I miti 

I miti sono narrazioni che esprimono in un linguaggio fantasioso e ricco di immagini temi fondamentali come l'origine del mondo, la nascita degli dei, i rapporti degli uomini tra loro e con altri esseri viventi. Sono definiti anche "racconti fondativi", perché servono a spiegare o giustificare una situazione presente cercando le origini nel passato.
Tutte le società hanno elaborato dei miti, ci sono delle differenze importanti tra la funzione che i miti svolgono nelle culture prive di scrittura e il loro ruolo nelle società che hanno elaborato un pensiero scientifico e ricostruiscono il loro passato attraverso l'indagine storiografica.
Al contrario, nelle culture tribali, il mito ha funzioni sociali molto importanti, serve a organizzare il tempo e a definire il rapporto tra passato e presente.I miti infatti iniziano con formule standard tipo "un tempo" "una volta" "molto tempo fa", per sottolineare la distanza.
A proposito Claude Levi-Strauss dice: "il mito è una storia dei tempi in cui gli uomini e gli animali non erano ancora distinti", ma è anche una storia dei tempi in cui l'umanità cercava spiegazioni totali della realtà.


Levi-Strauss: la grammatica dei miti

L'analisi dei miti è uno dei punti di forza dell'antropologia strutturale di Lévi-Strauss, che a questo  tema ha dedicato il ciclo delle Mitologiche, comprendente 4 volumi:


  •  Il crudo e il cotto (1964),
  • Dal miele alle ceneri (1966),
  •  L'origine delle buone maniere a tavola (1968),
  • L'uomo nudo (1971).
 Nei titoli di questi volumi c'è un richiamo al passaggio dalla natura alla cultura che costò all'umanità la rottura definitiva dell'unità tra mondo celeste e mondo terrestre; di questo passaggio il mito è stato la voce narrante sia per cercarne delle spiegazioni sia per rievocare nostalgicamente un'età dell'oro tramontata per sempre.A Lévi-Strauss non interessa chiarire a che cosa servano i miti e quali siano le loro funzioni sociali; egli preferisce considerare il mito in se stesso e porlo in relazione con altri miti allo scopo di individuare una sorta di grammatica sottesa ai racconti.

 La sua analisi si concentrò su un vasto repertorio di miti del continente americano e si rivelarono punti fermi:
  •  l'esistenza di natemi, ovvero di nuclei narrativi di base ricorrenti in moltissimi miti. Lo stesso nucleo narrativo può essere presente in miti di popolazioni vicine o lontanissime tra loro ed è soggetto a variazioni, talora evidenti, altre volte impercettibili;
  •  il modo in cui i nuclei narrativi si combinano tra loro nello sviluppo della storia: possono contrapporsi, essere  complementari, analoghi, apparire, sparire, alternarsi: tutto ciò secondo regole di combinazione che richiamano quelle della grammatica o delle figure retoriche.

Al termine del suo lavoro Lévi-Strauss comprese che la costruzione dei racconti mitici non è del tutto libera ma obbedisce a un certo numero di regole, paragonabili a quelle che presiedono all'articolazione del linguaggio parlato: dopo la scoperta delle strutture della parentela, l'analisi paziente dell'etnologo portò alla luce le strutture del mito: non contenuti funzioni, ma regole di trasformazione e combinazione dei nuclei narrativi.

DALLA MAGIA AI NEW MEDIA: IL PENSIERO MAGICO


Il pensiero magico



Un tema che ha appassionato molti studiosi è quello del pensiero magico, studiato sia in se stesso, sia nei suoi rapporti con la religione e con la scienza. Infatti tra magia e religione intercorrono dei rapporti molto stretti, soprattutto se consideriamo tutte le religioni mondiali. Ad esempio esistono alcuni culti tribali, i quali oggetti simboli vengono ritenuti magici, perché dotati di speciali poteri. Il nesso è evidente soprattutto:

  •  nei riti di guarigione
  • nell'astrologia e nell'arte di predire il futuro tramite l'interpretazione di fenomeni naturali
  • nella lettura lettura degli organi di animali uccisi.
Ma cos'è in realtà la magia? Essa può essere definita in senso generale come la credenza nel potere del gesto e della parola. Le arti magiche comprendono formule verbali, invocazioni e pratiche con cui si ritiene di influire sugli eventi o sulla natura delle cose a fini benefici, nel caso della "magia bianca" oppure a fini malefici, con la "magia nera".
Inoltre vi è una distinzione tra magia naturale e magia cerimoniale. La prima mira a trasformare la natura inserendosi nel gioco delle sue leggi ed è l'antenata della scienza. Quella cerimoniale si prefigge di ottenere scopi benefici o malefici ricorrendo alle pratiche più varie, quali scongiuri, formule verbali ripetute, imposizione delle mani, aspersione di liquidi, contatto con oggetti...


Esistono numerosi termini legati alla magia e ognuno ha una storia interessante dietro di sé. L'opera di magia può essere chiamata in vari modi e ognuno di questi termini indica una particolarità:
  • "magia" indicava in origine la sapienza dei Magi persiani, sacerdoti il culto zoroastriano, che introdussero nella religione persiana elementi ebraici, greci,, babilonesi e del culto solare;
  • "negromanzia" indica un'antica arte divinatoria fondata sull'evocazione degli spiriti defunti e sulle pratiche effettuate sui cadaveri (dal greco nekros = morto e manteuo = predico);
  • "divinazione" designa l'arte di predire il futuro interpretando gli eventi;
  • "sortilegio" era una pratica divinatoria effettuata lasciando cadere dei bastoncini colorati e interpretandone le modalità di caduta o l'ordine di raccolta;
  • "incantesimo" si riferisce alle facoltà di soggiogare qualcuno, influire su di lui a distanza;
  • "malocchio" si riferisce all'influsso malefico esercitato dallo sguardo di persone diaboliche;
  • "stregoneria" è l'arte occulta e pericolosa di uomini e donne dediti alla magia nera;
  • "stregone" è un individuo provvisto di autorità sacrale che può compiere magie benefiche o malefiche a vantaggio o danno della sua comunità.


2 interpretazioni della magia: Frazer e Evans-Pritchard

I due antropologi che meritano di essere ricordati per le loro interpretazioni magiche sono James Frazer e Edwars Evans-Pritchard. 
Frazer nella sua opera "Il ramo d'oro. Studio sulla magia e la religione" propose un'interpretazione che influenzò molti: egli individuò il:
  • principio di similarità, secondo il quale il simile produce il simile
  • principio di contatto, secondo il quale le cose che sono state a contatto continuano ad agire l'una sull'altro anche dopo la fine del contatto fisico.
I due principi danno origine alla magia omeopatica e alla magia contagiosa, entrambi rami della "magia simpatica", che si basa sull'esistenza di una segreta simpatia che rende possibili le azioni a distanza. Secondo Frazer la magia si basa sullo stesso principio della scienza moderna: l'universo è ordinato e uniforme, e in esso ogni causa è seguita da un effetto. Ciò che rende la magia un sistema di pensiero "prescientifico" è l'errata applicazione dei due principi del pensiero accennati prima.  Questi principi quando applicati correttamente producono scienza, quando applicati scorrettamente producono magia. La differenza tra scienza e magia risiede nella sterilità della magia.
L'antropologo Evans-Pritchard nel volume "stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande" racconta la sua esperienza con cacciatori, coltivatori e pescatori nel Sudan meridionale dove studiò il ruolo sociale della magia. Collocando il fenomeno magico in un contesto sociale ben preciso, l'antropologo scoprì che:

  • il pensiero magico completa il ragionamento empirico
  • la magia degli Azande era rivolta alle relazioni tra persone
  • la distinzione principale era tra stregoneria e fattucchieria 
  • con la magia in Azande venivano spiegate le disgrazie e malattie
Secondo Evans magia e stregoneria non hanno a che fare con il soprannaturale, ma sono profondamente umane, strumenti con cui difendersi dai nemici e attaccarli. Attraverso oracoli, esorcismi e vari tipi di rimedi esse danno vita a un sistema di credenze e pratiche assai difficili da smontare perché provvisto di una logica interna che lo sostiene e lo giustifica sempre.
















































COMPITI

Domande a pag. 316 Quale idea accoglie da Durkheim il funzionalismo? Il funzionalismo accoglie da Durkheim l'idea del primato del...