domenica 29 settembre 2019

FILM: "2001: ODISSEA NELLO SPAZIO"


Trama

All'inizio del tempo, sulla Terra primordiale, un grande monolito, parallelepipedo perfetto levigato e nero come la grafite, appare ad alcuni scimmieschi antenati dell'uomo, sconfitti nella lotta per il possesso di una pozza d'acqua da un branco più numeroso e aggressivo di loro simili. Il contatto non ha effetti visibili, eppure qualcosa è avvenuto: il primo barlume di pensiero si è acceso nel leader del gruppo, che scopre in un robusto osso l'utensile, e al tempo stesso l'arma, che gli consentirà di dominare il mondo che lo circonda. Millenni dopo, un identico monolito viene alla luce nel cratere di Tycho, durante gli scavi che gli uomini, ormai conquistato lo spazio, stanno conducendo sulla Luna. Per scoprire a chi è destinato il segnale che l'incomprensibile oggetto ha improvvisamente emesso in direzione di Giove, parte la Discovery, con a bordo gli astronauti David Bowman (Dullea) e Frank Poole (Lockwood) oltre a tre scienziati in animazione sospesa. Ma quando, dopo diciotto mesi di viaggio, l'astronave raggiunge il pianeta, soltanto Bowman è sopravvissuto all'attacco di Hal 9000, il super calcolatore a cui è affidato ogni controllo, che è andato in avaria ed ha cercato di eliminare l'intero equipaggio. Disattivato il computer assassino, Bowman rimane solo di fronte all'universo ed all'inconoscibile presenza che lo attende sul pianeta gigante. Il film di Kubrick rappresenta una svolta epocale per il cinema di fantascienza e forse non solo per quello. Mai prima era stato tanto potentemente evocato l'ignoto che attende l'uomo oltre gli ormai più o meno disvelati "vicini" planetari del sistema interno, a cominciare dai successivi e misteriosi giganti gassosi posti subito al di là del confine della cintura degli asteroidi. Mai prima l'uomo era stato così esplicitamente riconosciuto vero protagonista, e posto con decisione al centro della scena, soggetto ed oggetto al tempo stesso di una filosofica e quasi metafisica ricerca del significato della vita, e del suo posto e del suo ruolo in un universo largamente incomprensibile nella sua infinità. In lunga (cinque anni di lavorazione) e tormentata osmosi creativa con il famoso Arthur C. Clarke (che contemporaneamente rielaborava i suoi racconti ispiratori "La sentinella", "Encounter in the Dawn" e "Guardian Angel"), Kubrick realizza un'opera unica ed irripetibile, che si colloca subito e per sempre tra i capolavori immortali del cinema. Senza paragoni ancora oggi gli effetti speciali, realizzati con perfezione maniacale ancor più stupefacente se si considera che sono stati realizzati in anni nei quali la tecnologia della manipolazione delle immagini era ancora assai rudimentale. Originalissimo nella scelta delle musiche, il film è anzitutto geniale ed innovativo nelle tematiche, tra le quali già individua, con moderna visione anticipatoria, il problematico rapporto con l'intelligenza artificiale. Scientificamente corretto, minuzioso e plausibile sino al più piccolo particolare di vita quotidiana nello spazio, visivamente elegante in ogni momento e con alcune sequenze davvero indimenticabili, 2001 rimane uno spettacolo affascinante e suggestivo, ed uno dei più grandi film di tutti i tempi. Tra le curiosità che fecero molto discutere ci sono il finale emblematico, sulla cui più corretta interpretazione si è scritto di tutto, l'inquietante presenza del calcolatore robotico HAL 9000 (alcuni fanno derivare il nome dalle iniziali del colosso informatico IBM tutte anticipate di una lettera, altri invece dai due metodi di comunicazione Heuristico - ALgoritmico), la cui "pazzia" è in definitiva provocata dall'uomo che trasferisce le sue ambiguità in un sistema logico binario incapace di razionalizzarle, e la completa assenza di figure femminili significative. Nel 1984 Peter Hyams ha realizzato il modesto sequel 2010, l'anno del contatto.



L'UOMO PRODUTTORE DI CULTURA


Inculturazione e acculturazione

La definizione tyloriana chiarisce che l'uomo si distingue dagli altri esseri viventi in quanto produttore di cultura o civiltà. Negli animali la convivenza non genera cultura in senso antropologico, quello che manca agli animali è il linguaggio, attraverso cui diffondere il progresso e le conoscenze.
Tylor nel 1871 ha introdotto il concetto di inculturazione, termine con cui si indica la trasmissione consapevole o inconsapevole di conoscenze, abitudini da una generazione a quella successiva. Attraverso all'inculturazione l'uomo diventa membro di una società.
La cultura è soggetta a continui cambiamenti di origine "interna", ad esempio le invenzioni, oppure di origine "esterna", nel caso in cui siano frutto di una contatto con gruppi umani portatori di tradizioni differenti. Il termine acculturazione definisce il mutamento culturale derivante dall'incontro di culture diverse.



Le culture primitive

Sempre secondo Tylor, se tutte le società, comprese quelle cosiddette "primitive", possiedono una cultura, allora non esistono popoli "selvaggi" e privi di civiltà, dato che nessun uomo vive in una condizione completamente naturale. Gli antropologi si sono accorti che le società cosiddette "primitive" hanno sistemi di pensiero tutt'altro che primitivi, organizzazioni sociali niente affatto semplici e non sono l'immagine vivente dell'epoca preistorica.
Lo studio dei miti e delle lingue si è rivelato particolarmente adatto a mettere in rilievo l'inconsistenza del concetto di "cultura primitiva". Secondo l'antropologo Claude Levi-Strauss dietro l'apparente caos dei miti esiste una logica sorprendente. Lui rivela che nei miti elaborati da culture diverse e lontane esistono somiglianze nella costruzione narrativa.
Anche la distinzione tra società semplici e società complesse risulta inadeguata per gli antropologi. Sono stati i contatti con altre civiltà che hanno avviato i processi di trasformazione, purtroppo spesso dolorosi.


Il concetto di "cultura" nella società globale

Tradizionalmente la cultura intesa come insieme dei modi di vita di un popolo era alimentata dalle ricerche antropologiche del primo '900, condotte per lo più presso società prive di scrittura e di piccole dimensioni.
Nella seconda metà del '900, l'antropologia ha fatto i conti con un mondo profondamente cambiato, Essa ha dovuto accettare una radicale trasformazione delle culture indigene tribali. Oggi è sempre più difficile trovare culture "allo stato puro" a causa della globalizzazione.



IL PUNTO DI VISTA DEGLI ANTROPOLOGI


Che cos'è l'antropologia?

La traduzione esatta del termine antropologia è "discorso scientifico sull'uomo", ma ogni ogni scienza interessa l'uomo e lo analizza da diversi punti di vista. Il punto di vista degli antropologi è quello di chi si occupa dell'uomo in quanto "elaboratore di cultura". Elaborare una cultura significa modificare le condizioni naturali della vita della specie umana introducendo regole di vario tipo: matrimoniali, giuridiche, religiose, economiche, morali...
Possiamo dire che gli antropologi studiano le risposte socialmente organizzate ai problemi di sopravvivenza posti dall'ambiente e cercano di cogliere il significato unitario della vita sociale dei popoli.
 L'antropologia per rispondere alle domande compie approfondite indagini:

  • nello spazio, esplorando gli angoli remoti del pianeta per incontrare popoli anche molto diversi da noi, che hanno dato risposte differenti e allo stesso tempo interessanti riguardo all'adattamento e alla convivenza sociale;
  • nel tempo, alla ricerca dei nostri remoti antenati, per capire quali sono state le nostre origini e attraverso quali passaggi si è compiuto il distacco degli esseri umani dal modo di vita animale. 

Che cos'è la cultura? 

Nel dizionario la parola cultura si distingue in due significati fondamentali:
  • nella prima accezione, la cultura è il complesso delle conoscenze che contribuiscono alla formazione della personalità ed è sinonimo di educazione, istruzione.
  • nella seconda accezione, la cultura è l'insieme delle pratiche materiali e delle conoscenze che caratterizzano una società o un gruppo sociale, e si usa correttamente in espressioni quali "la cultura mondana" o " le culture dei nativi americani".
Il secondo significato deriva dall'antropologo Edward Tylor, il quale nell'opera "Primitive Culture" , 1871, afferma che la cultura è quell'insieme complesso che comprende il sapere, le credenze, l'arte, la morale, il diritto, il costume e ogni altra capacità e abitudine acquisita dall'uomo in quanto membro di una società. Ogni gruppo umano ha una propria cultura, che coincide con l'insieme dei modi di vita e comprende anche le semplici abitudini quotidiane. 
Secondo Tylor non esiste alcuna distinzione di valore tra creazioni culturali di origine colta e prodotti di livello "basso". 


Le discipline antropologiche

Nel corso del '900 l'antropologia si è sviluppata prevalentemente come antropologia cultura, distinta dall'antropologia fisica, una disciplina naturalistica che studia le caratteristiche fisiche dei popoli nell'evoluzione, e dall'antropologia filosofica, che aspira a una sintesi dei risultati raggiunti dalle scienze umane al fine di chiarire qual è la peculiarità dell'uomo nel contesto degli esseri viventi.
Oggigiorno è importante suddividere 3 discipline che pur appartenendo allo stesso ambito, indicano specializzazioni diverse.
  1. etnografia = letteralmente "descrizione di popolazioni", è una disciplina che descrive gli usi e i costumi delle popolazioni. Il lavoro etnografico viene svolto sul campo e può essere svolto ovunque siano documentabili usi, costumi e tradizioni interessanti, ereditati dal passato oppure di nuova creazione.
  2. etnologia = è una disciplina che sintetizza i risultati della ricerca etnografica con il metodo dell'analisi comparativa. L'etnologo è in grado di gestire la vastità del materiale e mette in ordine il caos.
  3. antropologia = è la descrizione degli usi e costumi di popolo lontani, ed è il primo gradino della ricerca perché opera delle sintesi e generalizzazioni ancora più ampie. 



ANTROPOLOGIA: L'ANIMALE CULTURALE


L'animale culturale

L'uomo non è l'unico animale intelligente e sociale, ma cos'è che distingue la vita degli uomini da quella di tutti gli altri animali ?
A questa domanda l'antropologia ( "antropos" = l'essere umano), ovvero lo studio dell'uomo come soggetto sociale, ha cercato di rispondere elaborando il concetto di "cultura": le società animali non possiedono una vera e propria cultura ma si limitano a ripetere degli schemi di sopravvivenza che si sono formati nel corso dell'evoluzione della specie. Soltanto l'uomo ha imposto alla natura le proprie leggi, modificando l'ambiente naturale. Solo l'uomo ha trasformato la propria condizione di sopravvivenza in una sorta di "seconda natura" culturale fatta di:
  • leggi proprie
  • usanze
  • credenze
  • vincoli affettivi e sociali

lunedì 23 settembre 2019

TESTO: "Una tazzina di caffè"


“Una tazzina di caffè” di Anthony Giddens

La tazzina di caffè a metà mattina o dopo pranzo non è infatti solo un atto alimentare, ma ha un valore simbolico nel quadro dei riti sociali quotidiani, tanto che spesso il rituale è più importante della bevanda stessa. “Andare a prendere un caffè” non significa solo assumere una determinata bevanda, ma recarsi al bar o comunque fare una pausa per scambiare due chiacchiere. Così la risposta negativa alla richiesta di “bere un caffè” può provocare nell’interlocutore un risentimento incomprensibile, se non rapportato alla dimensione comunitaria del rito.
Approfondendo l’analisi dovremmo notare che il caffè, a causa del contenuto di caffeina, esercita un’azione sul sistema nervoso: è pertanto una droga socialmente accettabile al pari dell’alcol.
Non è così per altre culture, che invece tollerano il consumo di marijuana, ma disapprovano quello di caffè e alcol.
L’abitudine all’uso del caffè, inoltre, è relativamente recente e presuppone un determinato sviluppo sociale ed economico. Come è noto, il consumo di massa della bevanda è legato all’espansione coloniale europea e all’esportazione del prodotto coltivato nelle piantagioni di Sud America e Africa. La bevanda rimanda allora a un insieme di rapporti internazionali e a un determinato sistema di scambi e accordi commerciali affermatisi storicamente.


LA SOCIOLOGIA COME SCIENZA


La sociologia come “scienza

Auguste Comte fu il filosofo a cui si può attribuire la nascita della sociologia. Nelle intenzioni di Comte, elaborare una “scienza della società” aveva un significato ben preciso. Secondo lui la sociologia consisteva nell’applicare ai fenomeni sociali le procedure di tipo empirico.
Il paradigma di Comte aveva però dei limiti:

  • In primo luogo gli esseri umani non sono molecole o corpi celesti 
  • In secondo luogo gli esseri umani sono dotati della capacità di attribuire significati e scopi al loro agire 

CHE COS'E LA SOCIOLOGIA


La definizione

L’etimologia della parola può aiutarci a ipotizzare una definizione di sociologia: si tratta di un discorso scientifico sulla società ( dal latino societas = “società” e dal greco logos = “ discorso”.
In realtà tutte le scienze umane hanno per oggetto la società ma che cosa caratterizza lo sguardo dello sociologo? Che cos’è propriamente la società? A quali condizioni un fenomeno può definirsi sociale?


Le due accezioni del termine “società

Presto ci accorgiamo che la parola società viene utilizzata in contesti molteplici e differenti, ma due sono le accezioni principali:

  • Da un lato il termine “società” definisce genericamente un’associazione di più persone che si riuniscono per perseguire scopi comuni ad esempio società sportive o per azioni;
  • Dall’altro lato il termine “società” indica qualcosa di più specifico, ovvero la particolare organizzazione che caratterizza una determinata collettività ad esempio società medievale o occidentale;

Da queste definizione ci riconduciamo a due diversi modi di intendere la “socialità” dell’essere umano, che è data dal senso e dal valore che la società ha per l’uomo.


La socialità come destinazione

La socialità intesa come destinazione si identifica con la spinta associativa che induce l’essere umano per spontaneità oppure per altre necessità ad unirsi con i suoi simili. Questa teoria è stata discussa da due grandi personaggi del passato.
Secondo Aristotele l’uomo è incapace di essere felice al di fuori della società, egli ne ha bisogno per istinto naturale. La società si forma grazie al progressivo ampliamento di tale istinto associativo,  che spinge inizialmente uomo e donna a creare una famiglia, poi unisce più famiglie per costituire un villaggio e infine più villaggi per costituire una “polis”,
D’altra parte il filosofo Hobbes ritiene che l’uomo è portato a unirsi coi suoi simili per motivazioni utilitaristiche, ossia per trarne vantaggi e benefici. Solo all’interno della società l’uomo supera la sua condizione originale  di feroce lotta tutti  contro tutti.


La socialità come appartenenza

La socialità come appartenenza pone l’accento sulla appartenenza ad un contesto sociale. La società viene vista come condizione dell’esperienza soggettiva. L’essere umano compie determinate esperienze nella determinata società in cui è inserito. La società è la condizione imprescindibile del verificarsi delle esperienze del soggetto,
Il matrimonio è un esempio di fatto sociale.






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COMPITI

Domande a pag. 316 Quale idea accoglie da Durkheim il funzionalismo? Il funzionalismo accoglie da Durkheim l'idea del primato del...