Dalla cultura orale ai media
Il pensiero umano è inseparabile dalla sua espressione linguistica. Senza la parola, senza gli strumenti, che a cominciare dalla scrittura, hanno reso possibile la comunicazione di esperienze e la condivisione di visioni del mondo. Senza la parola, la nostra socialità umana sarebbe ferma a un livello primitivo. Privi della possibilità di registrare, archiviare e conservare la memoria di eventi sociali e culturali, gli uomini non sarebbero stati in grado di elaborare le nozioni esplicative della propria storia, come quelle di cultura, società, mutamento, sviluppo, progresso, libertà, giustizia...
Potere e limiti della parola
Le culture che non conoscono la scrittura sono definite dagli studiosi culture a oralità primaria. Per noi alfabetizzati è piuttosto difficile cogliere le caratteristiche e i modi di vita tipici di queste culture, per le quali la memoria, l'unico strumento per conservare e trasmettere il sapere, gioca ovviamente un ruolo centrale: si sa e si insegna ciò che si ricorda. Per facilitare la memorizzazione, il pensiero viene espresso mediante:
Nelle culture a oralità primaria la comunicazione interpersonale avviene essenzialmente faccia a faccia, e ciò in fluisce sul valore sociale delle relazioni interpersonali dirette, in quanto si dà molta importanza allo scambio immediato, alla negoziazione e alla relazione in sé e per sé. Inoltre il significato delle parole non è rigidamente fissato perché può cambiare a seconda delle situazioni: l'esposizione fluisce più liberamente e, talvolta, la tacita intesa tra i due interlocutori è più importante di quanto viene detto in maniera esplicita.
Alcune le culture orali attribuiscono alla parola un potere magico e curativo ad esempio nelle religioni tradizionali dell'India esistono ancora oggi delle formule sacre, i mantra.
La comunicazione orale, però ha dei limiti:
- non è persistente;
- non supera una cena distanza spaziale;
- coinvolge un numero modesto di persone.
L'invenzione della scrittura e la cultura chirografica
Il primo modello di scrittura fu inventato nel 3500 a.C. dai Sumeri, chiamato "cuneiforme", perché formato da caratteri a forma di cuneo incisi su tavole di argilla.
Le varie fasi di sviluppo della scrittura presso i sumeri sono:
- dai pittogrammi
- agli ideogrammi
- fino ai fonogrammi
Il passo avanti decisivo fu compiuto dai Fenici con l'invenzione del primo alfabeto fonetico verso la metà del II millennio a.C. Esso era composto da 22 segni consonantici a cui il lettore doveva aggiungere le vocali. Questo può essere considerato l'antenato dell'alfabeto greco, comprendente 25 segni, distinti tra vocali e consonanti.
Con l'invenzione della scrittura ebbe inizio la cultura chirografica o manoscritta, che si impose sulla cultura orale. Ci furono conseguenze enormi. Si iniziarono a profilare civiltà che potevano fare a meno della memoria, perché depositavano il loro sapere nei libri, e di conseguenza potevano liberare le energie precedentemente usate nell'apprendimento mnemonico per altri e più creativi compiti.
Nelle culture orali la capacità sensoriale più importante era l'udito, mentre nella scrittura era la vista.
L'ordine lineare dei segni alfabetici, sottoposto a precise regole, contribuisce all'imporsi di uno stile di pensiero più analitico e astratto.
La scrittura è il primo medium di cui abbiamo conoscenza: con la cultura chirografica nasce la cosiddetta "comunicazione mediata".
L'invenzione della stampa e la cultura tipografica
Verso la metà del secolo XV comparve in Europa la stampa a caratteri mobili, inventata da un orefice di Magonza: Johann Gutenberg . Si trattò di una delle più importanti invenzioni della storia, che ebbe conseguenze sociali e culturali rilevantissime.
Si calcola che soltanto nel periodo degli incunaboli, ovvero tra il 1450 e il 1500 circa, quando i libri erano ancora nella loro 'prima infanzia", siano stati stampati più libri di
quanti ne avessero copiati tutti gli amanuensi. Da privilegio riservato a pochi il libro divenne così un oggetto molto diffuso, capace di entrare anche nelle case delle famiglie di media condizione sociale.
La Riforma protestante ebbe un ruolo di primo piano nella diffusione delle opere a stampa: uno dei principi della Riforma fu infatti la lettura diretta delle Sacre scritture da parte di tutti i cristiani.
A tale scopo Intero, Melantone e Calvino promossero l'alfabetizzazione del popolo con la
creazione di scuole aperte a tutti.
Prima della stampa, i libri erano copiati a mano dai cosiddetti "amanuensi": il testo era quindi soggetto a modifiche e interpolazioni dovute alla mano del copista e, tra un manoscritto e l'altro, potevano esistere notevoli differenze. Nei libri manoscritti erano presenti numerose abbreviazioni, mentre era completamente assente la punteggiatura, il che rendeva la lettura assai faticosa. La pagina stampata si presentava chiara e ben leggibile grazie ai caratteri regolari, alla punteggiatura e ai margini; il testo era riportato nella versione definitiva, approvata dall'autore o dal curatore, e poteva essere riprodotto in un numero illimitato di copie.
Copiare gli scritti di altri autori diventò qualcosa di disdicevole, fino ad assumere i contorni del reato quando furono promulgate le prime leggi di tutela dei cosiddetti diritti d'autore.
Sul piano lessicale e grammaticale le opere a stampa contribuirono a creare una lingua standard, con regole ortografiche codificate. Le lingue più favorite furono quelle nazionali degli Stati economicamente e politicamente più potenti, dove le stamperie fiorivano numerose, mentre i dialetti e le lingue locali, parlati da un numero limitato di persone, si trovarono ad affrontare il rischio dell'estinzione.
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